Fratelli diversi: Fellini & Pasolini – 3

Nel cinquantenario della morte di Pier Paolo Pasolini, un racconto in 3 puntate su intese, divergenze, film sognati e rime segrete tra due maestri del nostro cinema.
3/3 — Mastorna, spiagge e sogni
C’è un punto in cui i due tornano a sfiorarsi senza toccarsi. Il “Mastorna” di Fellini — il film mai nato sull’uomo “morto e non lo sa” — immagina un purgatorio contemporaneo fatto di corridoi, aeroporti, attese. La terra vista dalla luna di Pasolini è una fiaba crudele che si chiude con la scritta: “Essere vivi o essere morti è la stessa cosa.” In entrambi i casi lo sguardo viene da oltre la soglia: vivi che si muovono come fantasmi o fantasmi che attraversano i vivi. Barocco funebre da un lato, moralità popolare dall’altro: stessa domanda sul senso della nostra modernità.
Il loro dialogo ha anche una mappa. La scena finale di 8½ è girata sulla spiaggia romana: il cerchio di mani e la troupe come una piccola umanità riconciliata. Dodici anni dopo, nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, Pasolini viene ucciso all’Idroscalo di Ostia. Stesso mare, pochi chilometri di distanza: da una parte un girotondo, dall’altra un delitto. Due immagini che ancora ci interrogano.
Dopo la rottura, Fellini non smette di sognare Pasolini. Nel Libro dei sogni il poeta appare una prima volta (inizio anni Sessanta) in una scena di tenerezza domestica, come due fratelli che hanno dormito insieme. Poi, in un sogno del giugno 1968, Pasolini disturba Fellini sul set durante una ripresa complicata; e ancora nel marzo 1975, a pochi mesi dall’assassinio del poeta, un sogno cupo, premonitore: i due di spalle lungo una strada di campagna; su un albero enormi topi con ali di pipistrello. Nel giugno 1977 ancora insieme, in auto, con Titta, l’avvocato Benzi: stavolta Pasolini è di nuovo una presenza silenziosa; i due si cercano e, scherzosamente, si stringono per mano con tenero affetto sulle note del canto “È la vita anche la morte”. E infine l’ultimo sogno, del settembre 1977, che merita di essere riportato quasi integralmente a chiusura di questo ricordo di Pasolini, a cinquant’anni dalla sua morte:
“A casa di Pasolini. Lo abbraccio con affetto e una gran pena nel cuore perché so che è stato condannato a morte, sembra che abbia ucciso un suo amico, ‘il direttore’. Sono convinto che non è vero, che è una sentenza ingiusta e mi stupisco che Pier Paolo sia tanto calmo e sereno da chiedere a me notizie della mia salute scherzando bonariamente sulla mia attività sessuale. Gli rispondo che va tutto bene: aggiungo sono ‘pieno di vitamine’ e Pier Paolo, con un dolce sorriso, mi domanda perché non provo a mettere un po’ di queste vitamine nella sua ‘Agnese’, alludendo a un suo scritto che so amerebbe veder realizzato da me. Sapere che può essere giustiziato da un giorno all’altro mi provoca uno strazio indicibile… Siedo accanto a Pier Paolo su di una sedia ma il suo cane, abbaiando verso di me, mi costringe a sedere in terra. La bestiola salta subito sulla sedia e Pier Paolo mi fa capire che gli appartiene, è ‘la sua sedia’, e restiamo così tranquilli a guardarci nel silenzio della modesta cameretta.